di Marco Castelli

(Aggiornamento dell’1 novembre) – Dopo le reazioni della filiera automotive, il Governo fa parzialmente retromarcia sulla bozza della Manovra 2020, che inizialmente prevedeva la triplicazione della tassazione sulle auto aziendali in fringe benefit: escluse dal provvedimento le auto ibride e elettriche, per le altre la quota di imponibile salirà dal 30% al 60%, mentre saranno tassate al 100% soltanto le vetture superinquinanti. Il Ministero, però, non esclude ulteriori modifiche in Parlamento. 

La stangata sulle auto aziendali rimane, ma il Governo, dopo le reazioni di assoluta contrarietà da parte della filiera automotiveoggi ha fatto una parziale retromarcia rispetto ai giorni scorsi: la bozza della Manovra 2020 prevede l’aumento della tassazione sulle auto in fringe benefit, ma – se verrà confermata – la quota di imponibile salirà “solo” dal 30% al 60%per quasi tutte le vetture, mentre saranno tassate al 100% esclusivamente le vetture superinquinanti, ovvero con emissioni di biossido di carbonio superiori a 160 g/km.

Saranno esclusi dal provvedimento, invece, i veicoli ibridi e elettrici, così come i veicoli commerciali. Ulteriori modifiche, però, a detta dello stesso ministro dell’Economia e delle Finanze, potrebbero essere apportate in Parlamento nelle prossime settimane.

AUTO AZIENDALI PENALIZZATE: UN LEITMOTIV

Nonostante le notizie di oggi, il succo generale, però, non cambia: la bozza della Manovra 2020 aumenta la tassazione per le vetture concesse in fringe benefit. In un contesto, quello italiano, in cui le auto aziendali sono già molto penalizzate dal punto di vista fiscale.

Un fatto inaspettato, considerando le premesse con il quale il nuovo Governo si era presentato, ovvero quelle un forte sostegno al comparto automotive. Invece, la fiscalità sulle auto aziendali pare destinata (ancora una volta) a inasprirsi ulteriormente. Andando a colpire un settore che funge da traino per il mercato dell’auto e, in generale, per l’economia italiana.

COSA PREVEDE LA BOZZA DELLA MANOVRA 2020

La bozza della Manovra 2020, resa nota mercoledì, prevede che lo sconto al 30% del valore (ai fini fiscali) di auto e ciclomotori concessi in uso promiscuo, attualmente in vigore per tutti i dipendenti, dal primo gennaio scatterà solo per i veicoli in uso ad “agenti e rappresentanti di commercio”.

Per gli altri dipendenti, la situazione è diversa: secondo la versione iniziale della bozza, tutte le auto in fringe benefit avrebbero dovuto essere tassate per il loro valore pieno, ovvero al 100%, stabilito, come si fa adesso, su una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri annui e in base ai costi chilometrici indicati nelle tabelle dell’ACI. Una stangata da 513 milioni, che avrebbe coinvolto oltre due milioni di lavoratori dipendenti. 

La modifica successiva, invece, come detto, ha diminuito questa percentuale al 60% per quasi tutte le vetture, ad eccezione delle auto ibride e elettriche (escluse dal provvedimento) e delle auto superinquinanti, che invece saranno tassate al 100%.

LE REAZIONI DELLA FILIERA AUTOMOTIVE

La retromarcia parziale del Governo è stata certamente innescata anche dalle reazioni delle associazioni della filiera, che tra mercoledì sera e giovedì avevano espresso assoluta contrarietà al provvedimento.

ANIASA: IPOTESI MIOPE

A caldo, mercoledì Aniasa aveva parlato di una “miope ipotesi, in netta antitesi con le indicazioni emerse dal Tavolo sull’auto presieduto dal Ministro Patuanelli e con l’impegno annunciato dal Governo di forte sostegno all’automotive”.

Se da una parte, aveva proseguito l’associazione, “con l’annuncio del taglio del cuneo fiscale si vogliono aumentare i soldi in busta paga, dall’altra con questa misura si aumenta di oltre il 300% la tassazione sull’uso dell’auto aziendale. Dall’anno prossimo sarebbero colpiti oltre 2.000.000 di lavoratori che utilizzano questi veicoli, tassando perfino i chilometri percorsi per necessità di lavoro. Per non parlare delle sicure ripercussioni sulle politiche retributive di centinaia di migliaia di aziende di ogni settore”.

In questo modo, aveva concluso Aniasa, “si rendono ulteriormente gravosi i costi di mobilità e trasporto delle imprese italiane, già penalizzate da una disequilibrata fiscalità rispetto ai competitor europei, rendendo a questo punto inevitabile il ricorso in Commissione Europeaper l’immediata applicazione della Sentenza di Strasburgo sull’equiparazione dei regimi Iva”. 

Nel pomeriggio di giovedì, poi, l’associazione aveva diramato una nota ufficiale per ribadire ancora meglio il concetto. “Il Governo che a parole, con il Tavolo sull’Auto, dichiara di voler supportare la filiera delle quattro ruote, ne sta determinando il collasso. Siamo scioccati da questo atteggiamento schizofrenico, che conferma i timori di un’attitudine antindustriale che sembra animare le scelte di questo Governo”.

LE ALTRE ASSOCIAZIONI 

In generale tutta la filiera automotive era insorta di fronte alla prospettiva di una folle tassazione delle auto aziendali. Anfia, Unrae, Assilea e Federauto giovedì pomeriggio avevano pubblicato un comunicato congiunto: un appello al Governo, affinché ritirasse immediatamente la proposta.

“In un contesto di fiscalità in cui l’auto aziendale è già fortemente penalizzata rispetto agli altri Paesi europei, l’approvazione di tale norma avrà pesanti ripercussioni sulla tassazione a carico dei lavoratori e metterà a serio rischio il rinnovo del parco circolante , considerando che un terzo del mercato è rappresentato da auto aziendali”.

L’OSSERVATORIO TOP THOUSAND

Anche i Fleet Manager giovedì avevano assunto una posizione chiara e contraria nei confronti del provvedimento della Manovra 2020“Già oggi abbiamo raccolto decine di richieste di restituzione della vettura aziendale da parte dei dipendenti nel caso in cui la norma andasse in porto” aveva sintetizzato Gianfranco Martorelli, presidente di Top Thousand, l’Osservatorio sulla mobilità aziendale composto da Fleet e Mobility Manager di grandi aziende nazionali e multinazionali attive nel nostro Paese.

Secondo Martorelli, la norma “non tiene conto delle violente ripercussioni per le aziende italiane, dato che la vettura aziendale è oggi il principale strumento di incentivazione manageriale. Inoltre, la vettura aziendale ad uso promiscuo per molte figure professionali viene utilizzata principalmente per l’attività lavorativa e solo in parte per il  privato, non giustificando così  una tassazione al 100% del fringe benefit“.

La preoccupazione è forte, perché, con l’attuale situazione economica, “le aziende non potranno farsi carico di ulteriori costi per limitare l’impatto economico sui propri dipendenti”. Un impatto economico che, dopo le ultime novità, assume una forma minore. Ma se la bozza di legge in Parlamento sarà confermata, comunque, ci sarà.